Ebbene si, alla fine anche il famosissimo Cap è sbarato sul grande schermo. Forse il primo vero eroe marvel, ed eroe americano, nel vero senso della parola. nativamente non ha super poteri, ma dopo l'iniezione di un siero diventa l'uomo perfetto, l'espressione massima della potenza umana, sia fisicamente che mentalmente. Il film è fatto veramente bene, con begli effetti speciali e la storia rigorosamente attinente al fumetto, ancehse come spesso accade, i tempi cinematografici sono diversi e quindi il finale ti lascia un po cosi...diciamo in attesa del seguel. La trama inizia con il giovane Steve Rogers farebbe di tutto per arruolarsi: scioccato da ciò
che i nazisti stanno facendo in Europa, non sopporta di starsene con le
mani in mano. La sua costituzione fragile, l’asma, l’altezza tutt’altro
che idonea, però, fanno sì che venga rispedito al mittente ad ogni
tentativo. Finché un giorno, un uomo di stato, il dottor Abraham
Erskine, s’interessa a lui e gli propone di sottoporsi alla
sperimentazione di un siero che ne farà il primo super soldato
dell’esercito a stelle e strisce. Rogers, dunque, subisce una
straordinaria trasformazione, ma sarà solo dopo un passaggio per le fila
dello show-business (e cioè solo dopo aver indossato una calzamaglia) a
divenire davvero Captain America.
Il protagonista aveva un appuntamento -lo ricorda spesso il testo del
film-, ma è in ritardo. Tanti altri supereroi, tutti più giovani
anagraficamente, hanno occupato preventivamente i nostri spazi di
capienza e non è peccato ammettere che si fa leggermente fatica a fare
posto anche a lui. Occorre però aggiungere, immediatamente, che quel
posto Captain America se lo guadagna, con un’entrata in scena
scoppiettante. Sulla lunga distanza (124 minuti) ha poi un declino,
d’altronde non vola e probabilmente in termini di sceneggiatura gli è
stato chiesto troppo, ma la prima parte del suo “biopic” ha un carattere
cinematografico notevole. Mentre scorrono sullo schermo le immagini
degli anni ’40, con i ragazzi in uniforme al luna park, scorrono
parallele nella mente quelle dei film americani che hanno raccontato
quegli anni ben prima di Johnston, la propaganda cartacea e radiofonica,
i cinegiornali: l’approdo al fumetto è sottile e obbligato.
L’icona dello zio Sam, con quel dito puntato che diviene poi il dito di
Stanley Tucci e trasforma uno scarto in un leader, come in un Giudizio
Universale pop art collega con grande efficacia ed immediatezza visiva
lo spirito degli Stati Uniti con il piccolo eroe di un film, chiudendo
un cerchio immaginario ma assai reale.
Captain America non ha superpoteri (ha una super arma, lo scudo) ma non è
certo un personaggio che va per il sottile: Super buono –perché il
siero esaspera il carattere di partenza e Steve Rogers è un bravo
ragazzo- è nato per combattere il Male estremo, e cioè la follia
nazista, con la stessa logica ma ribaltata di segno (la perfezione
fisica scientificamente acquisita, l’ideale superomistico). La bellezza
del film di Joe Johnston è quella, in questo contesto tutto di
maiuscole, di non perdere mai di vista il ragazzino del prologo: sotto i
muscoli di Chris Evans, già torcia umana, il film ritrova sempre
l’ingenuità, il senso di smarrimento e il coraggio testardo del
personaggio delle origini, persino potenziate. Il resto è noia. Fatta
eccezione, in alcune scene, per il duo di cattivoni da cartoon formato
da Hugo Weaving e Toby Jones, e soprattutto per Tommy Lee Jones,
folgorante scettico, vero macho del film. Film consigliato agli amanti e non degli eroi marvel, comunque a mio avviso molto molto riuscito come episodio